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SPENCER: una Lady Diana mai vista

Visto venerdì al cinema in sala Dolby Atmos e possiamo finalmente affermare che “Spencer” è un capolavoro artistico, fiabesco e onirico.

Ambientato nelle vacanze natalizie del 1991, la “favola tratta da una tragedia vera” cerca di calcare i possibili avvenimenti di quei giorni festivi prima della fatidica decisione di Diana di abbandonare il legame con i reali, tramite il divorzio con il marito Carlo. Ma questo calco non è scontato… anzi lo definiremmo piuttosto nuovo perché ci offre un ritratto psicologico dettagliatissimo che solo Pablo Larraìn avrebbe potuto mostrarci.

Diana (interpretata da una spettacolare Kristen Stewart), tradita dal marito, continuamente si paragona ad Anna Bolena, moglie di Enrico VIII Tudor e madre di Elisabetta I, e la incontra nei suoi deliri quasi più veritieri e sinceri delle “mura” udienti che la circondano. Spencer (cognome di Diana) vive nella gabbia opprimente della famiglia reale, una gabbia che porta ad impazzire se non si è abituati, a sentirsi soffocare fino a far comprendere di dover rompere il collare di appartenenza compulsiva e contrattualistica, di dover fuggire da un luogo in cui “non esiste altro tempo se non il passato“.

Per Diana così esiste solo il dovere di interpretare due figure diverse in momenti differenti: la sposa, sempre sorridente innocente e perfetta davanti ai fotografi, e la donna mondana, gioiosa e che ama la semplicità ma ora ferita, instabile, piena di dubbi che cerca solo una spalla su cui versare ogni lacrima. Ciò si apprezza di più è stata la magnifica regia che evidenzia i gesti degli attori, la paura palpabile negli occhi della protagonista e la tensione continua nell’aria che permea l’intero film e che viene esaltata dalla magnifica colonna sonora e dalla fotografia patinata.

Diana è dipinta come fragile, tormentata, smarrita, tanto che a inizio film si perde nei possedimenti di famiglia dove giocava da bambina. Ma la principessa non è solo un docile ed immacolato agnellino sacrificato alla famiglia reale: ella si sporca, piange, fugge e corre, vomita ripetutamente e si autolesiona. Larrain ha avuto il coraggio di umanizzare una figura di Diana mai vista prima, di renderla più realistica e proprio per questo, più drammatica.

Tuttavia come un esperto giardiniere, il regista prima estirpa tutto ciò che rende infelice Diana, isolandola e facendole terra bruciata: la freddezza e la mancanza di affetto e comprensione da parte della famiglia reale, i tradimenti ed il dolore causati dal marito, l’essere costantemente osservata, fotografata ed ascoltata anche nelle confessioni più private. Ma poi piano piano alla protagonista vengono alla luce nuovi motivi per tornare a vivere e a sorridere di nuovo: l’amore immenso per i figli e una delle più improbabili delle amicizie.


TW: avvisiamo a chiunque vedrà il film che i contenuti trattati sono molto forti e che soprattutto si parla di bulimia e autolesionismo.

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